L’intervista completa di Daniele Autieri per la docuserie “Chemsex, la droga dello stupro“, in streaming su SkyCrime.
Quanto è diffuso e quanto è pericoloso il fenomeno delle droghe dello stupro?
Anzitutto dobbiamo distinguere tra l’uso di una sostanza stupefacente come inibitore della volontà (e quindi per una finalità di stordimento e di violenza), dall’uso della medesima sostanza per una finalità ricreativa, come amplificatore sessuale e come rilassante. Il fatto che possano essere utilizzate droghe nei confronti di un’altra persona per uno scopo illecito, non consente di definire solo in chiave strettamente di violenza l’uso di determinate droghe, perché il “fenomeno delle droghe dello stupro”, che è molto grave, è comunque una parte marginale dell’uso di specifiche tipologie di sostanze.
Sarebbe sbagliato quindi pensare che la droga dello sballo poi può diventare naturalmente droga dello stupro?
Ci sono sostanze assolutamente legali come l’alcol (che si presta facilmente all’abuso ricreativo ed all’abuso di relazione) e sostanze illegali come i cannabinoidi, che sono ad elevatissima diffusione. Poi ci sono sostanze che hanno scopi ed effetti più importanti. Nell’ambito delle “droghe dello sballo” ricorrono la cocaina, la metanfetamina, la cristal meth, la ketamina, fino a quelle sostanze che hanno come finalità specifica l’amplificazione dell’esperienza sensoriale, anche sessuale.
Spesso queste ultime, oltre alla sovreccitazione, determinano disorientamento e perdita di volontà accanto ad un’amplificazione di ricerca di emozioni sensoriali. Per questo possono essere utilizzate anche in modo distorto, tanto è vero che alcune sostanze che hanno altre finalità vengono invece utilizzate come droghe dello stupro. Tre sostanze in particolare, cioè GHB (che è la più nota), GBL e BD che prendono il nome di “ecstasy liquida”, avendo scarsa tracciabilità nel tempo all’interno dell’organismo, si prestano ad essere utilizzate in modo occulto e clandestino, tra l’altro senza che il soggetto se ne renda conto, in quanto inodori e incolori.
Quindi quel che può accadere (e che accade) è l’aggiunta di pochi millilitri, poche gocce – (tant’è vero che si chiamano anche “gocce KO”) ad una bevanda con una concentrazione zuccherina molto elevata o con grandi quantità di alcol, rendendo difficilmente riconoscibile la presenza di una sostanza incolore ed inodore. Sostanza che, tra l’altro, determina uno stordimento immediato. I tempi di assimilazione per l’effetto psicotropo vanno dai 15 ai 25 minuti; effetto che comporta euforia, amplificazione della percezione sensoriale e, in taluni casi, anche quella che si definisce “fame sessuale” (dipende poi dalla variabile biologica e quindi dalla risposta del singolo individuo). Successivamente interviene un effetto di sonnolenza e stordimento, il soggetto è indolenzito e facilmente condizionabile. Per questo si chiamano inibitori della volontà.
A quel punto, consumato un rapporto sessuale, c’è un doppio effetto: da un lato la difficoltà di rintracciare la presenza della sostanza nell’organismo (dopo 8 ore non si hanno più tracce apprezzabili nel sangue e dopo 12 ore nelle urine); dall’altro, una grave rarefazione della memoria a breve termine.
Peraltro, i soggetti che ne assumono involontariamente, spesso hanno prima fatto uso volontario di alcol o di altre sostanze e, spesso, gli stupratori vanno alla ricerca di soggetti obiettivo che siano già in una condizione di fragilità, di miopia alcolica. Inoltre, il fatto che la vittima possa essere già in una condizione di alterazione, allarma di meno sia la vittima stessa sia eventuali amici nel momento in cui iniziano a manifestarsi gli effetti della droga dello stupro, poiché gli effetti iniziali possono essere confusi e venire attribuiti alla assunzione volontaria delle altre sostanze o dell’alcol.
Purtroppo, alle volte, le violenze si consumano proprio nei confronti di persone che sono già in condizione di disagio psicofisico da intossicazione da alcol o altro ed hanno bisogno di aiuto, tipica condizione ad elevatissimo rischio.
Alla luce del fatto che ne sparisce ogni traccia dal corpo già dopo 12 ore, quanto è difficile in sede processuale dimostrare l’utilizzo della droga dello stupro? E dimostrare che c’è stato uno stupro? Perché noi abbiamo intervistato tante vittime che hanno detto “io non ricordo niente”. Poi hanno collegato i punti ed hanno capito.
In via generale, la dimostrazione di reati ad elevata clandestinità, quali sono tipicamente i reati di genere (e in particolare modo le violenze sessuali) presenta delle complessità. C’è, infatti, un bilanciamento necessario tra quella che è la “credibilità a prescindere” che si attribuisce alla vittima e quelli che sono i diritti dell’”accusato” di confrontarsi con una prova criticabile non assiomaticamente autoevidente.
Quando ci si trova di fronte ad una violenza sessuale, a prescindere che sia intervenuto anche un fattore esogeno alterante la volontà o il ricordo, è comunque delicata la dimostrazione del fatto: abbiamo normalmente solo il racconto della vittima, da un lato, e la contro-argomentazione fattuale e logica della difesa dell’imputato, dall’altro. Situazione processualmente fisiologica che molto spesso porta alla polarizzazione dell’opinione pubblica: chi sostiene a prescindere la credibilità tout court – al di là del caso concreto – della vittima – e chi sostiene invece la criticabilità e l’assenza di eventuali riscontri ulteriori. Riscontri ulteriori che non sono necessari, salvo quando siano disponibili, per andare a verificare la coerenza generale di una narrazione. E qui si pone il primo problema, perché anzitutto c’è il rischio di vittimizzazione secondaria. Normalmente non si rischia l’assunzione involontaria della droga dello stupro in un bar, bevendo un cappuccino o un bicchiere d’acqua. Accade, invece, in locali e ambienti dove la proiezione ricreativa, musicale e alcolica, psicotropa o psicoattiva, è comunque presente. Di conseguenza, già questo molto spesso tende a proiettare un giudizio morale negativo sulla vittima per il solo fatto di essersi esposta al rischio.
Questo è uno dei tipici rischi di vittimizzazione secondaria, che va contrastato e che va invece semmai protetto in termini di considerazione della maggiore fragilità.
In una recente ricerca del nostro Studio, ad opera dell’Avvocato Valentina Guerrisi e dell’Avvocato Giada Caprini, abbiamo messo in evidenza il rischio della vittimizzazione secondaria, soprattutto in presenza di assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti da parte della vittima (con il conseguente indebolimento della capacità di reazione oppositiva a eventuali comportamenti o la difficoltà a riconoscere dei comportamenti pericolosi).
Questa premessa serve a collegarsi in via diretta con quello che è il tema della valutazione in termini processuali di un racconto o di una ricostruzione di una violenza sessuale, quando addirittura c’è stata un’assunzione non provabile in via diretta di GBL, GHB; sostanze che hanno una emivita, una tracciabilità e un effetto nell’organismo molto limitato nel tempo, perché a questo punto si sommano due elementi difficili da ricostruire: da un lato, la presenza della sostanza stupefacente nell’organismo (anzi spesso si rinvengono tracce di altre importanti sostanze stupefacenti che “minano” la credibilità “morale” della vittima nel senso sopra descritto); dall’altro, una narrazione lineare e sufficientemente precisa degli accadimenti, della loro sequenza, dei protagonisti (buio mnesico, rarefazione, confusione, flash contraddittori ricorrono costantemente nella testimonianza delle vittime assuntrici involontarie di GBL). Da qui, credibilità relativa e insufficiente, oltre al sempre presente stigma colpevolizzante rispetto a comportamenti c.d. a rischio. Queste sostanze determinano non solo delle amnesie, ma soprattutto una alterazione di percezione, perché il soggetto prima di perdere i sensi ha una confusione cosiddetta da delirio onirico e, pertanto, anche un racconto che ha una sua potenziale aderenza, poi si confonde, che è quello che tipicamente avviene, ad esempio, circa il numero di persone che hanno preso parte ad uno stupro di gruppo, o relativamente alle caratteristiche somatiche. Tutti elementi che poi, in ambito processuale, diminuiscono l’attendibilità e la credibilità estrinseca ed intrinseca della vittima e determinano nell’obbligo di bilanciamento con i diritti dell’imputato un principio di salvaguardia dell’in dubio pro reo. Di conseguenza, la presenza e l’utilizzazione delle droghe dello stupro rende ancor più complesso quello che è già difficile, nell’ambito dell’accertamento di reati a sfondo sessuale. Tra l’altro, poiché l’inibizione della volontà determina l’eliminazione della resistenza fisica, il venir meno di questa diminuisce la possibilità che siano rinvenibili segni fisici sul corpo delle vittime. Nei casi di violenza, molto spesso ci sono dei segni fisici derivanti dalle condizioni di incompatibilità anatomica e quindi si rinvengono dal punto di vista osservazionale e clinico quelli che sono i segni manifesti di un rapporto o non consensuale o estremo. Ma normalmente l’uso di queste sostanze determina al contrario una facilitazione: non solo viene meno la volontà, ma si determina un’agevolazione ad un determinato tipo di rapporto. Tant’è vero che queste sostanze sono utilizzate tipicamente anche per facilitare proprio dal punto di vista meccanico-anatomico i rapporti sessuali.
Quanto alle sostanze in sé, partendo sempre dal GBL e dal GHB. è molto sottile la linea tra legalità ed illegalità. Sono legali in alcuni Paesi europei, ma non sono legali in Italia.
La questione della legalità di una sostanza è una questione molto complessa, perché il mercato propone sempre più molecole, con effetti sempre più disegnati e mirati sull’obiettivo psicoattivo, psicotropo, anestetico che si vuole raggiungere e, nello stesso tempo, con un mimetismo molecolare che rende sostanzialmente obsoleti i meccanismi tradizionali di classificazione delle sostanze.
Si può avere un approccio basato sulla tipologia della molecola ed un approccio basato sugli effetti che una determinata sostanza produce. Nel considerare illecita una sostanza, possiamo andare o alla ricerca della presenza della sostanza in categorie classificate (nel caso italiano nelle famose tabelle di classificazione delle sostanze stupefacenti, che, però, dal punto di vista formale nominalistico, devono costantemente essere aggiornate per avere al proprio interno la sostanza che, pur nuova, produca determinati effetti), oppure un approccio basato sull’effetto che produce.
In questo momento, in Europa, ma anche nel mondo (fermo restando il dibattito polarizzato tra la capacità in termini di dissuasione ed efficienza di un approccio proibizionistico in senso stretto e quindi sulla possibilità invece che l’approccio di natura antiproibizionista possa avere maggiore significato soprattutto in termini di educazione, pedagogia e riduzione del danno), gli ordinamenti si dividono tra ordinamenti che hanno un approccio di criminalizzazione della produzione e del commercio di determinate sostanze a prescindere, e ordinamenti che invece considerano quella che è la proiezione e la destinazione della sostanza.
E qui c’è un tema molto complesso: mentre ci sono delle sostanze stupefacenti che possono avere solamente uso psicotropo, anche nella farmacopea ufficiale, e quindi sono sottoposte a monitoraggio e autorizzazione per la produzione, la commercializzazione, il trasporto e la vendita, ci sono poi sostanze che, invece, sono comunemente presenti nell’uso diffuso, perché appartengono, ad esempio, ad un ambito industriale merceologico che ha una destinazione diversa.
GBL, GHB e BD sono sostanze che hanno un uso industriale particolarmente significativo, e la produzione del BD è di circa 500.000 tonnellate annue (il BD è un precursore da semplice metabolizzazione del GHB: una volta che entra nell’organismo viene metabolizzato e diventa GHB, quindi di fatto è la stessa cosa).
Il problema è che, quando si fa un bilanciamento tra quello che è l’uso per finalità umane, psicotrope e psicoattive conosciuto e la dimensione della produzione per altre finalità, ci si rende conto di come sia molto difficile andare ad eliminare dal mercato qualcosa che ha una destinazione diffusa piuttosto importante – nell’ordine delle centinaia di migliaia di tonnellate all’anno – rispetto invece all’uso molto limitato, come sostanza stupefacente, che attualmente sembra essere presente nel mercato europeo. Ovviamente questo ragionamento presenta dei limiti: mentre il GHB, proprio per il massiccio uso che si è riscontrato a partire dagli anni ‘90, è progressivamente divenuto una sostanza tipizzata ed inserita nelle tabelle in Italia (così come anche successivamente il GBL), nella maggior parte dei paesi europei, invece, la produzione e la vendita di GBL per finalità non ad uso umano è assolutamente lecita e consentita. Ma, ad esempio, è molto difficile immaginare che ci possa essere una omogeneità negli ordinamenti europei e occidentali nel vietare la distribuzione o controllare la distribuzione di BD.
Il BD rientra sempre nella stessa tipologia ed è un precursore da metabolizzazione di GBL e GHB e quindi produce gli stessi effetti, ma è una molecola leggermente differente e, allo stato, liberamente acquistabile sulla rete o nel mercato diffuso. Quindi il contrasto più che a monte (produzione) si cerca di farlo a valle (distribuzione) in relazione alla destinazione della sostanza, soprattutto quando entrano nel mercato e nella rete di vendita di altri stupefacenti. Si monitorano ad esempio le spedizioni, alla ricerca di destinazioni non industriali o verso singoli o società prive di impianti o di attività manifatturiere.
Ovviamente è molto difficile il contrasto quando si tratta di sostanze che hanno larga diffusione per usi consentiti e che sono facilmente reperibili sul mercato.
Quindi questo cosa significa? Ad esempio, dal punto di vista del commercio internazionale nei confronti dell’Olanda (uno dei grandi produttori e distributori di queste sostanze)? Significa che non sono aggredibili a livello di indagine internazionale?
Le indagini possono aggredire qualsiasi produzione o destinazione illecita di sostanze ad uso psicotropo e, quando per ragioni normative non è percorribile un intervento sui produttori, il monitoraggio ed il contrasto si effettua sulla rete di distribuzione e sui destinatari, come avveniva per la ketamina (un potente anestetico utilizzato principalmente in medicina veterinaria, ma molto diffuso per il consumo umano in basso dosaggio come stimolante ricreativo), che in alcuni paesi europei era di libera vendita.
Per il GBL, GHB e BD, la maggior parte della produzione è nel Sud Est asiatico, negli Stati Uniti ed anche, ovviamente, nel Nord Europa.
I marketplace online di rivendita del GBL (adesso per il GHB è più difficile) e del BD sono presenti in modo palese, non solo e non tanto nel Dark Web, ma nel Surface Web e quindi queste sostanze sono acquistabili con normali transazioni in chiaro. Molte delle piattaforme di rivendita sono olandesi, più che altro perché queste sostanze hanno avuto una grande diffusione e crescita negli anni ‘90 e 2000 in Paesi che hanno una storia e una tradizione non solo di libertà e di tolleranza nei confronti dell’uso degli stupefacenti a scopo ricreativo, ma molto spesso anche in relazione alla dimensione delle droghe da party. Quindi, come dire, lì c’è un know how basato su accesso alla tecnologia, mercato europeo e contesto ricreativo che ha reso l’Olanda, ma anche il Belgio, Paesi punto di riferimento. Ma in realtà il BD e il GBL si comprano tanto dalla Cina tanto dagli Stati Uniti, dal Canada e altri Paesi.
Noi abbiamo già affrontato il tema del Dark Web. Queste sostanze si comprano solo lì? Dove è possibile trovarle?
Allora, innanzitutto la maggior parte di queste sostanze si cercano su Google e si acquistano da diversi negozi online. Si cerca GBL o GHB ed appaiono immediatamente una serie di siti che si manifestano come dei rivenditori di prodotti per pulizia, per pulizia industriale, in particolar modo di metalli o plastiche o come additivi per produzioni in edilizia, in particolar modo per il poliuretano espanso. Normalmente hanno dei nomi assonanti per cui c’è un “pro” davanti o comunque sia ci sono dei tag che vengono utilizzati per orientare i listing sul motore di ricerca con dei riferimenti al GHB, anche se poi i prodotti sono a base di BD, e vengono venduti in forma liquida, in pinte e galloni ed hanno un costo particolarmente basso. Si fanno transazioni in chiaro anche per quantitativi limitati perché se uno ha una piccola officina può avere necessità di utilizzare dei solventi o degli sgrassatori. Quindi è facile poter mimetizzare l’acquisto di una sostanza assolutamente lecita nel mercato di produzione e le piattaforme si preoccupano semplicemente di utilizzare dei disclaimer in relazione ad un possibile uso illecito umano di destinazione.
Il fenomeno del Dark Web, dove ovviamente è possibile comprare GHB ed altri stupefacenti, è molto più legato all’acquisto di quelle sostanze che sono immediatamente aggredite in quanto tali; se si vuole acquistare cristal meth, anfetamina, cocaina, eroina, droghe di sintesi tabellate, fentanyl ed altro, il Dark Web è la piazza di elezione, perché ovviamente è un contesto protetto dai sistemi di relazione nei virtual private network di comune conoscenza ed anche la maggior parte delle transazioni finanziarie avverranno in criptovalute, ma non solo (spesso vengono utilizzate carte ricaricabili legate a conti in Paesi a basso controllo antiriciclaggio).
Le droghe del chemsex sono quindi molto più accessibili di altre e, soprattutto, molto meno costose. Bastano poi quantitativi minimi, gocce, per avere gli effetti desiderati e, nell’uso occasionale, hanno tassi di dipendenza molto bassi.
Tuttavia, il fatto di essere state associate a gravi casi di violenza sessuale, ha determinato un processo di stigmatizzazione negativa di quel tipo di sostanze che, normalmente, vengono invece consumate volontariamente alla ricerca di euforia sessuale, soprattutto da adulti o giovani adulti e originariamente (come ancora adesso) nell’ambito del MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini), poiché sono sostanze che facilitano psicologicamente e fisicamente il rapporto sessuale. Al contrario nei ragazzi (soprattutto infradiciottenni) non si riscontrano tassi di diffusione particolarmente preoccupanti proprio in ragione della percezione sociale negativa associata.
Il fatto che GBL e BD siano facilmente acquistabili sulla rete, ne rende maggiore la diffusione anche in contesti distanti dai canali di spaccio tradizionali. Vi è negli ultimi anni un importante cambiamento di approccio dei consumatori: la ricerca di disintermediazione e la digital trust. Ossia maggiore distanza (sicurezza) tra spacciatore e consumatore e maggiore garanzia sulla qualità del prodotto in ragione dei rating degli altri acquirenti online.
Quindi: accessibili, economiche, non legate allo spaccio tradizionale, bassi tassi di dipendenza immediata, proiezione puramente ricreativa e, per questo, molto diffuse soprattutto nella popolazione che va dai venti ai quarant’anni dove, tra l’altro, anche in ragione dell’educazione sessuale alla Pornhub, i party a sessualità promiscua e di gruppo sono sempre più ricercati.
Vorrei sapere di quella particolarità di Londra, che nei bicchieri dei pub si deve dare una garanzia che non sia stato messo niente. E poi potrebbe fare un ragionamento sul fenomeno? Ci troviamo di fronte a un nuovo fenomeno che mette paura, ma affascina.
Tutte le volte che si sospetta una somministrazione illecita di GHB, GBL o BD e il caso diventa giudiziario o mediatico, i gestori dei club o gli organizzatori dei party si pongono il problema di deresponsabilizzarsi. Verso la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, nei pub e nei clubs a Londra (che è un laboratorio sociale avanzato) si è pensato che coprire il drink nel momento in cui viene dato dal barman al consumatore avesse un senso (e sicuramente lo ha, ma solo per quel primo passaggio immediato). Tuttavia, il rischio più elevato non è riferibile alla preparazione iniziale della bevanda, bensì alla catena di passaggio (un amico che prende da bere per altri), alla custodia (lascio il bicchiere sul tavolo e vado a ballare o al bagno), mi distraggo e lascio non costantemente vigilato il drink.
La droga dello stupro viene utilizzata non tanto dal soggetto sconosciuto, quanto molto più spesso dal soggetto vicino, di prossimità, un amico, a volte un fidanzato, un ex fidanzato, con la complicità di altri amici e altre persone.
Tra l’altro, l’abitudine all’uso condiviso e promiscuo di droghe ed alcool è propria di contesti ad elevata proiezione ricreativa. Quindi il problema di fondo è, non solo che non ci si dovrebbe mai separare dal proprio bicchiere, ma anche che si dovrebbe avere vicino una persona di assoluta garanzia e che sceglie di non bere e di non assumere stupefacenti. Ad esempio, in Inghilterra il fatto che ci sia il divieto assoluto di guidare dopo aver assunto qualsiasi sostanza alcolica (con sanzioni importanti e tolleranza zero) comporta che vi sia di conseguenza una persona del gruppo che possa fare da sentinella di potenziali anomalie comportamentali e che possa intervenire qualora un’altra persona della comitiva non stia bene e risulti eccessivamente esposta al rischio di abuso. Purtroppo, invece, da noi si sta affermando la cultura opposta, ovverosia che una persona che sta poco bene è in realtà una preda più facile, una vittima più aggredibile e tra il trovarla già vulnerabile e aggiungere qualche goccia di GBL per renderla vulnerabile, il passo è breve.