Testimonianza della vittima di violenza e incidente probatorio: i limiti processuali alla vittimizzazione secondaria

Con la recente ordinanza n. 27104 del 12.07.2024 la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione in ordine alla possibilità di impugnare il provvedimento del Giudice con il quale venga rigettata la richiesta di incidente probatorio, qualora questa riguardi la testimonianza di una vittima di maltrattamenti o di altro reato previsto dall’art. 392, comma 1 bis c.p.p.. Si tratta di una ipotesi particolare, introdotta con l’intento di preservare non solo la genuinità del racconto ma, soprattutto, l’integrità psico-fisica della vittima, evitandole lo stress di reiterare più volte l’esperienza vissuta. Tuttavia, la disciplina processuale non prevede allo stato la possibilità di impugnare la decisione del giudice ed il Supremo consesso è chiamato a risolvere il contrasto sorto in giurisprudenza, attestata allo stato su due opposte posizioni.

Il quadro normativo

L’istituto dell’incidente probatorio consente di assumere una prova in contraddittorio già nella fase delle indagini preliminari, quando non sia possibile rinviare tale attività al dibattimento. I mezzi di prova e i casi in cui ciò può avvenire sono tassativamente indicati dall’art. 392 c.p.p. e riguardano in sintesi: la testimonianza e il confronto del dichiarante che non potrà deporre al dibattimento a causa di un grave impedimento (es. una malattia) ovvero quando è esposto a violenza, minaccia o offerta di denaro affinché non deponga o deponga il falso; l’esame della persona indagata su fatti concernenti la responsabilità di altri, l’esame di persone indagate in procedimenti connessi ex art. 210 c.p.p. o di testimoni di giustizia; la perizia o l’esperimento giudiziale su cose, persone o luoghi soggetti a modificazione non evitabile; la ricognizione non rinviabile al dibattimento per ragioni di urgenza; la perizia che comporterebbe una sospensione del dibattimento superiore a 60 giorni ovvero quella relativa ad accertamenti o prelievi sulle persone viventi.

Oltre a tali ipotesi, ai sensi del comma 1 bis dell’art. 392, è possibile chiedere l’assunzione in incidente probatorio della testimonianza di persona minorenne o maggiorenne – anche in assenza del requisito del grave impedimento o degli altri casi di non rinviabilità previsti dal comma 1 – quando si tratti di procedimenti per delitti di maltrattamenti, schiavitù, pornografia, violenza sessuale e atti persecutori[1] e, in ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità. L’intento del legislatore è duplice, volendosi anzitutto consentire una verifica immediata in termini di credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa quando il passaggio del tempo non ha ancora influito sui suoi ricordi ma, soprattutto, ridurre il disagio per la vittima che dovrà esporsi e reiterare la propria esperienza (rivivendo così il medesimo dolore) in sede di processo.

La richiesta può essere presentata sia dal pubblico ministero (anche su istanza della persona offesa) che dall’indagato, tuttavia l’ordinanza con la quale il giudice decide (in termini di accoglimento, inammissibilità o rigetto) non è soggetta ad impugnazione ma al solo rimedio del ricorso per Cassazione (esperibile però nei soli casi di atto ritenuto abnorme).

I fatti alla base dell’ordinanza

Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese ha impugnato la decisione del Gip che aveva rigettato la sua richiesta di incidente probatorio, volta ad assumere la testimonianza di una donna vittima di maltrattamenti, chiedendone l’annullamento senza rinvio per “abnormità funzionale” del provvedimento. Secondo il pm, infatti, il Giudice si era limitato ad escludere  la vulnerabilità della persona offesa solo “sulla base della maggiore età e del fatto che aveva già presentato altre denunce nei confronti dell’indagato, senza, tuttavia, indicare le ragioni che prevalgono sulle esigenze di tutela della vittima e di anticipazione della prova e, soprattutto, senza considerare quanto rappresentato nella richiesta di incidente probatorio in ordine alla condizione di dipendenza psicologica della vittima (anche in conseguenza del recente parto) ed alla circostanza relativa alla precedente rimessione della querela da parte della persona offesa, che era tornata a vivere con l’indagato e a subire comportamenti maltrattanti”[2].

La questione sottoposta alla Corte concerne i limiti del sindacato del giudice e gli eventuali vizi derivanti dall’illegittimità della sua decisione: ed infatti, in assenza di una specifica previsione relativa all’impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio, l’unico rimedio esperibile è il ricorso per Cassazione la cui ammissibilità è, però, subordinata alla configurabilità o meno di un atto abnorme.

Le Sezioni Unite sono intervenute di recente sul tema generale dell’atto abnorme[3], ma in merito al provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio nel caso di testimonianza di vittime di maltrattamenti, di minore o persona vulnerabile, si sono formate due diverse posizioni.

In base ad un primo orientamento, ritenuto maggioritario, spetta al giudice decidere sulla fondatezza della istanza, bilanciando da un lato le esigenze di tutela della vittima e, dall’altro, le garanzie processuali del diritto di difesa dell’imputato; in tal senso, la scelta di non prevedere l’impugnabilità del provvedimento di rigetto rientrerebbe nella sfera di discrezionalità del legislatore e non determinerebbe alcun rischio di frizione con le fonti normative internazionali (art. 35 della Convenzione di Lanzarote; art. 18 della Convenzione di Istanbul; artt. 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE). Sebbene da tali ultime norme emerga l’interesse primario all’adozione di misure finalizzate alla limitazione delle audizioni della vittima (ad esempio, mediante la previsione di specifiche forme di cautela, quali la videoregistrazione e le precauzioni a salvaguardia dell’individuo vulnerabile), “non può farsi discendere ex se la previsione di alcun automatismo probatorio legato all’introduzione di un vero obbligo in capo al giudice di disporre l’assunzione delle prove dichiarative della persona offesa vulnerabile a seguito della mera presentazione di una richiesta di incidente probatorio”. Secondo tale orientamento, infatti, dalla obbligatoria assunzione dell’incidente probatorio potrebbe conseguire un risultato sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalla norma di tutelare la personalità del soggetto vulnerabile, nei casi, ad esempio, in cui l’escussione si riveli irrilevante o superflua “perché la prova è stata raggiunta aliunde o quando le condizioni della vittima, in ragione della condotta delittuosa o di altra ragione, sconsiglino l’immediata assunzione della testimonianza nella fase delle indagini[4]. Infine, lo stesso tenore letterale dell’art. 398 comma 1, nel prevedere tre differenti tipi di decisione (accoglimento, inammissibilità o rigetto), escluderebbe a priori l’obbligatorietà di un provvedimento positivo a fronte della richiesta avanzata dalle parti.

Sulla base di tali argomentazioni, pertanto, è stata esclusa l’abnormità del provvedimento di rigetto nel caso di esame della persona offesa minorenne del reato di maltrattamenti in ragione della modestia del suo contributo dichiarativo, della sufficienza degli elementi investigativi raccolti e del carattere “pregiudizievole” della sua audizione in sede di incidente probatorio[5]; parimenti si è ragionato nel caso[6] della persona offesa maggiorenne del reato di atti persecutori di cui è stata esclusa la vulnerabilità per l’età, l’inserimento sociale e la reazione opposta alla condotta delittuosa con la proposizione della querela; ancora, nell’ipotesi di persona offesa del reato di violenza sessuale commesso in suo danno da un parente allorché era ancora minorenne, di cui è stata esclusa la vulnerabilità in quanto divenuta maggiorenne, inserita in una famiglia “strutturata” che aveva interrotto i rapporti con l’abusante e per le modalità dell’abuso, consistite in toccamenti in presenza di terze persone[7]; da ultimo, nel caso di testimone minorenne del reato di atti persecutori commesso dal padre in danno della madre[8].

Un diverso orientamento sostiene invece che le fonti internazionali volte a proteggere le vittime e i familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta (in particolare, attraverso specifiche misure quali l’audizione della vittima senza indebito ritardo, il contenimento del numero delle audizioni e la loro registrazione audiovisiva), “comportano l’obbligatoria ammissione dell’incidente probatorio al fine di salvaguardare l’integrità fisica e psicologica del soggetto vulnerabile e di contenere il rischio di vittimizzazione secondaria legato alla reiterazione dell’atto istruttorio[9]. Pertanto, sussisterebbe “un vero e proprio obbligo del giudice di ammettere l’incidente probatorio finalizzato all’assunzione della deposizione di un soggetto vulnerabile ai sensi del comma 1 bis dell’art. 392, potendo rigettare la richiesta solo qualora difettino i presupposti normativamente configurati che legittimano l’anticipazione dell’atto istruttorio” (ad esempio, nel caso di richiesta presentata da soggetto non legittimato, per reati differenti da quelli previsti dalla norma, ovvero per l’esame di una persona non minorenne o non vulnerabile).

Ciò sarebbe confermato dal fatto che la norma prevede l’assunzione della prova “anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1” dell’art. 392, senza indicare ulteriori presupposti. Secondo tale impostazione, pertanto, il legislatore avrebbe previsto come ordinaria (e non più limitata a casi eccezionali e tassativi) l’assunzione della prova in incidente probatorio per una determinata categoria di reati, anche al fine di conformare il diritto interno agli obblighi derivanti dalle fonti internazionali e “evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria, ritenendo detto interesse prevalente sul principio generale secondo il quale la prova si forma in dibattimento, cosicché non sarebbe ragionevole invocare quest’ultimo valore, di carattere squisitamente processuale, per sacrificare il primo, di carattere sostanziale e giudicato preminente[10].

Secondo tale impostazione, inoltre, non vi sarebbe alcuna contrarietà con la previsione dell’art. 398 comma 1 c.p.p., poiché essa si conformerebbe al “lessico usualmente utilizzato” dal legislatore anche in altre norme che evidenziano il diritto potestativo delle parti processuali alla prova, di talché “nel caso previsto dagli artt. 392, comma 1 – bis e 398, comma 1, cod. proc. pen., vale il principio generale in base al quale, a fronte del diritto alla prova a richiesta di parte, si prevede l’obbligo di ammissione da parte del giudice che ha la possibilità di escludere solo le prove vietate dalla legge e quelle che sono manifestamente superflue o irrilevanti, ipotesi, questa, che, nella fattispecie in esame, ha campo di applicazione pressoché nullo”.

Sulla base di queste argomentazioni è stato ritenuto abnorme il provvedimento del giudice che ha rigettato la richiesta di incidente probatorio per l’assunzione della testimonianza della persona offesa minorenne, affetta da “disturbo delle emozioni e del comportamento”, vittima del reato di violenza sessuale commesso dal suo insegnante di sostegno[11], sulla base dell’arbitrarietà del ragionamento operato. In altro caso, richiamando i principi già espressi dalle SS.UU. nella sentenza 25957/2009, è stato ritenuto abnorme il provvedimento di rigetto del giudice di assumere la testimonianza di una vittima di violenza sessuale sulla base della non ritenuta urgenza, atteso che tale presupposto varrebbe solo per i casi di cui al comma 1 dell’art. 392 e non anche per quelli specifici individuati al comma 1-bis: “il provvedimento di rigetto, motivato con riferimento a ragioni che rilevano nei diversi e specifici casi contemplati dal primo comma, si risolve nella sostanziale disapplicazione, in assenza di un potere espressamente previsto dalla legge, di una regola generale di assunzione della prova prevista in ottemperanza di obblighi assunti dallo Stato in sede internazionale[12].

In altra pronuncia[13], è stato ritenuto abnorme il rigetto della richiesta di assunzione delle testimonianze delle vittime di atti persecutori, fondato sul rilievo che tale reato risultava assorbito negli ulteriori delitti contestati di rapina e di estorsione, che non avrebbero consentito l’anticipazione della testimonianza: in tale caso, trattandosi di richiesta relativa a persona “vulnerabile”, il margine di discrezionalità riservato al giudice “non si estende alla valutazione della vulnerabilità del testimone, presunta ex lege, ma è limitato, sulla base della ratio dell’istituto, alla valutazione della sussistenza delle ragioni che giustificano l’anticipazione della prova in funzione della tutela della vittima dal trauma del processo e/o della genuinità della prova medesima”. Pertanto, tutte le volte in cui il provvedimento di rigetto non contiene adeguata motivazione (ovvero questa è solo apparente) delle ragioni che prevalgono sull’esigenza di anticipare l’assunzione della prova, questo è da ritenersi abnorme poichè espressione di un esercizio arbitrario della discrezionalità concessa al giudice dal legislatore.

La posizione dei giudici rimettenti

Ricostruiti i due differenti orientamenti, la Corte propende per il secondo sulla base di molteplici argomentazioni. Anzitutto, secondo il Collegio, sussistono “chiari indici normativi della insussistenza di un potere discrezionale di rigetto della richiesta di incidente probatorio “speciale” previsto dal primo periodo del comma 1- bis dell’art. 392 rispetto a quello “ordinario” tipizzato al primo comma”.

L’istituto peculiare dell’incidente probatorio, introdotto con il codice del 1988, è stato oggetto di plurime modifiche fin dal 1996, laddove è stato inserito il comma 1 bis in cui si disciplina una nuova ipotesi – definita dalla Corte costituzionale[14] come “atipica” o “speciale” – perché svincolata dall’ordinario presupposto della non rinviabilità della prova al dibattimento e, più in generale, dalla necessità che ricorra una delle condizioni tassativamente previste dal primo comma dell’art. 392.

L’ipotesi originaria, limitata alla testimonianza del minore di 16 anni nei procedimenti per delitti di violenza sessuale anche al di fuori dei casi del primo comma, era già volta a “tutelare la personalità del minore, consentendogli di uscire al più presto dal circuito processuale per aiutarlo a liberarsi più rapidamente dalle conseguenze psicologiche dell’esperienza vissuta”.

Gli interventi successivi[15], in ottemperanza agli obblighi internazionali assunti dall’Italia, hanno portato a due conseguenze immediate: da un lato, hanno ampliato il perimetro di applicabilità della fattispecie prevista dal primo periodo del comma 1 bis, con riferimento sia al catalogo di reati inizialmente previsto nel 1996, che al perimetro soggettivo della prova testimoniale, esteso alla testimonianza della persona minorenne (e non più del solo infrasedicenne) e della persona offesa maggiorenne; dall’altro lato, è stata prevista una seconda ipotesi di incidente probatorio “atipico” in cui si consente, “in ogni caso” e senza alcun riferimento al tipo di reato per cui si procede, l’assunzione della testimonianza della persona offesa, allorché se ne riconosca la condizione di “particolare vulnerabilità”, così come definita dall’art. 90 quater c.p.p.[16].

La stessa Corte Costituzionale, chiamata più volte a pronunciarsi sulla legittimità di tali disposizioni, ha confermato nelle diverse novelle legislative susseguitesi nel tempo “la volontà di approntare un sistema più efficace per sostenere le vittime, agevolandone il coinvolgimento nell’emersione e nell’accertamento delle condotte penalmente rilevanti” (cfr. Corte cost., sentenza n. 1 del 2021), nonché la “duplice ratio sottesa a tale disposizione normativa, una, esterna al processo, di protezione della personalità della vittima, e l’altra, di carattere endoprocessuale, di tutela della genuinità della prova” (cfr. Corte cost., n. 14 del 2021).

La norma in questione, dunque, persegue una duplice esigenza, sia di protezione del teste, minorenne o persona offesa maggiorenne, dalla c.d. vittimizzazione secondaria legata alla dilazione o alla reiterazione delle audizioni nel corso del processo, sia di tutela della prova da rischi correlati al possibile inquinamento delle precedenti dichiarazioni o alla loro ritrattazione[17]. Peraltro, sempre secondo i Giudici costituzionali, tale duplice finalità “se da un lato sorregge la disposizione censurata e il sistema normativo in cui essa si inserisce, dall’altro lato non fa tuttavia venir meno la sua già richiamata natura eccezionale, poiché essa, nel momento in cui consente l’ingresso di contenuti testimoniali in una fase antecedente a quella dibattimentale, sulla base, peraltro, di una presunzione di indifferibilità e di non rinviabilità di essi in ragione della natura dei reati contestati e della condizione di vulnerabilità dei soggetti da audire, introduce una deroga al principio fondamentale di immediatezza della prova“.

Sulla base di tali considerazioni, il Collegio rimettente ritiene che il primo periodo del comma 1 bis dell’art. 392 contenga una vera e propria “presunzione di vulnerabilità” delle vittime dei reati specificamente elencati, che non consente alcuna valutazione discrezionale del giudice.

Discrezionalità alla quale, invece, viene rimessa la valutazione circa la condizione di “particolare vulnerabilità” della persona offesa, prevista dal secondo periodo del comma 1 bis, da effettuarsi alla luce dei criteri previsti dall’art. 90 quater c.p.p..

Per entrambe le ipotesi introdotte dal comma 1 bis vigerebbe l’ulteriore presunzione di non differibilità della prova atteso che – a differenza di quanto previsto per le ipotesi “ordinarie” di incidente probatorio – non è richiesta alcuna valutazione circa la presenza di gravi impedimenti, infermità, minacce etc., potendosi espressamente richiedere l’incidente probatorio “anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1”. Secondo i giudici rimettenti, “tale soluzione trova un suo fondamento anche in ragioni di carattere metagiuridico, correlate alla particolare esposizione della persona offesa vulnerabile alla incidenza di molteplici fattori di carattere temporale, psicologico (quali, ad esempio, la difficoltà di rievocare eventi ad alto impatto emotivo, il sedimentarsi di schemi psicologici di rimozione o di autodifesa ovvero, anche, di autocolpevolizzazione e, in ultima analisi, di alterazione della ripartizione dei ruoli vittima-reo nella riedizione del fatto), o relazionale (si pensi all’elevata conflittualità con l’indagato/imputato), che possono determinare forme di distorsione cognitiva (dalla ritrattazione integrale delle dichiarazioni inizialmente rese alla loro modificazione ora “per riduzione” ora “per aggiunta”)[18].

In ultimo, le particolari garanzie stabilite per l’espletamento dell’incidente probatorio (il contraddittorio tra le parti, le forme del dibattimento, la possibilità che la richiesta provenga dallo stesso indagato) consentirebbero il pieno rispetto dei diritti di difesa e ad un giusto processo sanciti sia dalla Costituzione che da fonti sovranazionali.

L’impostazione definita ed argomentata dai giudici rimettenti – qualora venisse accolta dal Supremo consesso a Sezioni Unite – contribuirebbe, ad avviso di chi scrive, a definire e consolidare l’obiettivo originario perseguito dal legislatore sovranazionale prima e da quello nazionale poi, senza però intaccare le garanzie ed i diritti della persona sottoposta ad indagini. Ed infatti, attraverso il meccanismo ben definito dell’incidente probatorio, sarebbe possibile tutelare la vittima dal rischio, ormai comprovato, di vittimizzazione secondaria causato dalla necessità di rivivere più volte il trauma subìto, attraverso il racconto reiterato in più occasioni, soprattutto quando ciò riguarda minorenni o persone particolarmente vulnerabili in ragione della gravità del reato perpetrato; allo stesso tempo, ciò garantirebbe in ogni caso all’indagato l’acquisizione di una prova dichiarativa genuina, non alterata né inquinata, nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti e del giusto processo.

 

Prof. Avv. Roberto De Vita
Avv. Valentina Guerrisi

Riferimenti

[1] Artt. 572, 600, 600 bis, 600 ter, 600 quater anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater.1, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612 bis c.p..

[2] Cfr. Ord. 27104 cit.

[3] Cass. SS.UU., 13.07.2023, n. 42603, El Karti.

[4] Cfr. Ord. 27104 cit.

[5] Cass. Sez. VI, 15.07.2020 n. 24996; conf. Cass. Sez. VI, 28.10.2021, n. 46109.

[6] Cass. Sez. I, 08.06.2023, n. 46821.

[7] Cass. Sez. III, 28.05.2021, n. 29594.

[8] Cass. Sez. V, 11.12.2020, n. 2554.

[9] Cfr. Ord. 27104 cit.

[10] Cfr. Ord. 27104 cit.

[11] Cass. Sez. III, 10.10.2019, n. 47572.

[12] Cass. Sez. III, 16.05.2019, n. 34091.

[13] Cass. Sez. II, 24.03.2023, n. 29363.

[14] Corte Cost. n. 92 del 2018.

[15] Legge 1 ottobre 2012, n. 172 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007; Legge 23 giugno 2013, n. 77 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata a Istambul in data 11 maggio 2011; D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 di attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.

[16] “Agli effetti delle disposizioni del presente codice, la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato”.

[17] Cfr. Corte Cost. n. 14 del 2021.

[18] Cfr. Ord. 27104 cit.

[19] Scarica qui il testo dell’ordinanza.

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